E anzi potrebbe essere proprio questa caratteristica, il fatto cioè che venga consumata così tanta energia, a indicare la presenza di coscienza in un organismo.
Ma secondo Robert G. Shulman, docente emerito di biofisica molecolare e biochimica alla Yale University e autore dello studio, la risonanza magnetica funzionale è di scarso aiuto in questo tipo di studi: durante le operazioni di memorizzazione o di risoluzione dei problemi le aree cerebrali che risultano attivate sono diverse.
«Gli studi di neuroimaging hanno guardato alla punta dell’iceberg – ha spiegato il ricercatore – mentre noi abbiamo spostato l’attenzione sul resto dell’iceberg, cercando di capire per che cosa il cervello consuma il restante 99 per cento di energia».
A dimostrazione che la coscienza sia garantita proprio dall’energia consumata dal cervello ci sono i risultati di studi condotti su cavie: il cervello dei ratti anestetizzati consuma il 50 per cento in meno.
Fonte: un articolo di Letizia Gabaglio su Mente & Cervello, agosto 2009
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