Mamma dopo il tumore? Avere un figlio dopo una diagnosi di tumore oggi si può attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
È, infatti, scientificamente dimostrato da un lato che «le cure per la PMA non aumentano il rischio oncologico, assicura Enrico Papaleo, responsabile dell’Unità funzionale Centro scienze della natalità dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, e dall’altro che gran parte dei farmaci utilizzati per i trattamenti chemioterapici in donne incinte al secondo e terzo trimestre è sicura sia per il feto in via di sviluppo sia per il bambino nel suo sviluppo tardivo.
«La paziente oncologica», spiega lo specialista, «deve sottoporsi alla preservazione della fertilità prima dell’inizio della chemioterapia, trai cui possibili effetti collaterali vi è un alto rischio di menopausa».
Due le tecniche possibili.
«Quindi, conclude Papaleo, una volta giunta a guarigione la paziente, si rifà con l’oncologo la stima del rischio di recidiva della malattia e si stabilisce se la donna possa entrare nei percorsi di PMA con una prognosi legata alle sue caratteristiche biologiche (età anagrafica, età in cui ha congelato gli ovociti, numero di ovociti congelati…).
Infine, se tutto fila liscio, si può iniziare il ciclo.
Fonte: estratto da un bel servizio di Marco Ronchetto su Ok Salute e Benessere, gennaio 2020
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